Mai forse come in questo periodo storico la convivenza in famiglia risulta a volte complessa e difficile a causa di conflitti intra-familiari.

Questo perché, a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, molte famiglie sono state costrette a vivere a stretto contatto confinate in quarantena o in isolamento; ciò ha portato inevitabilmente ad affrontare nuove sfide dettate dalle diverse modalità di lavoro e scuola, dalla riorganizzazione e condivisione degli spazi abitativi e dalla rinegoziazione dei ruoli domestici.

Tali nuove condizioni di convivenza possono aumentare l’insorgenza di conflitti, con importanti ripercussioni sulla salute psicologica dei vari soggetti. Nonostante ciò, è importante sottolineare che il conflitto di per sé non è il problema ma nella maggior parte dei casi lo diventa la mancata gestione e la sua “cronicizzazione”. Si è infatti soliti attribuire al conflitto una connotazione negativa, ma in realtà può essere un’opportunità di confronto e di crescita. I conflitti interpersonali dunque sono inevitabili, non confliggere è irrealistico. Il conflitto nasce dal modo in cui ognuno cerca di soddisfare i propri bisogni e diventa un problema quando non vengono espressi in modo efficace.

Quali caratteristiche possono avere i conflitti?

I conflitti possono avere diverse caratteristiche, di seguito descritte:

  • Simmetrici (conflitto aperto): si tratta di situazioni di confronto diretto, in cui le posizioni sono paritarie. La dimensione patologica è data dall’escalation, dalla natura distruttiva della competizione; l’obiettivo finale è quello di prevaricare l’altro: si manifestano con litigi ripetuti, ostilità, rifiuto reciproco, rivendicazioni, desiderio di rivalsa o di vendetta.
  • Complementari (conflitto coperto): sono situazioni nelle quali un soggetto richiama l’altro all’adeguamento passivo. Nelle interazioni complementari si hanno due tipi di posizioni: dominanza (one-up) e subordinazione (one-down). La dimensione patologica è data dalla rigidità, che può creare sofferenza e tensioni, un crescente senso di frustrazione in uno o più soggetti coinvolti nel conflitto: si manifesta spesso quando una delle parti è critico (dominante) e svaluta l’altro (subordinato).
  • Silenti: in queste situazioni vengono negati esplicitamente la conflittualità e il disaccordo. Le difficoltà relazionali sono percepibili o intuibili perché il non verbale non è coerente con il livello verbale ed esplicito. Possono essere quelli più insidiosi.

Quali sono gli esiti disfunzionali dei conflitti?

Discussioni continue, incomprensioni, difficoltà ad ascoltare l’altro o ad essere ascoltati, difficoltà a controllare le proprie reazioni (chiusura, sfide, provocazioni, comportamenti oppositivi, prevaricazioni, ecc.) possono causare:

sofferenza e disagio psicologico in uno o più membri della famiglia (tristezza, delusione, rabbia, rassegnazione, sbalzi d’ umore, estraneità);

blocchi evolutivi (difficoltà scolastiche e relazionali);

comparsa di comportamenti sintomatici e/o devianti (ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, disturbi dell’area della dipendenza, disturbi oppositivi e della condotta, disturbi psicosomatici, maltrattamento e violenza).

I 3 livelli di conflittualità familiare:

Quando si parla di conflittualità familiare si considerano tre livelli differenti:

  • livelli intergenerazionali (conflitti genitoriali o tra genitori e figli);
  • pari generazionali (conflitti coniugali o tra fratelli);
  • trans-generazionali (conflitti tra famiglia nucleare e famiglia d’origine).

In questo articolo ci soffermeremo principalmente sui conflitti tra genitori e figli. Per prima come è fondamentale sottolineare come, per ogni fascia d’età, i problemi da gestire sono sicuramente diversi mentre è identica la sensazione di disagio, di inefficacia e di impotenza che hanno i genitori. Questo accade perché sentono di non avere strumenti giusti per affrontare soluzioni più o meno complesse che sembrano sfuggire al loro controllo e che non mostrano miglioramenti nonostante gli sforzi messi in atto.

I figli potrebbero ottenere di più se avessero un atteggiamento più maturo se parlassero apertamente, se chiedessero gentilmente ma molto spesso ciò non accade e questo induce al «ti sistemo io…ti metto al posto tuo…». I figli infatti comunicano provocando i genitori attraverso diverse modalità: possono stare in silenzio, possono raccontare delle bugie oppure possono agire con aggressività ad esempio sbattendo le porte oppure rompendo qualcosa. I genitori di fronte a questi comportamenti nella maggior parte dei casi non sanno come comportarsi, si sento impotenti e inefficaci e di conseguenza si innesca una presa di forza che spesso porta a sensi di colpa e ad ammorbidirsi oppure, al polo opposto, a confliggere.

Come non gestire o gestire i conflitti?

I conflitti non vengono gestiti correttamente quando si innescano delle dinamiche disfunzionali di due tipi:

  • Autoritarismo: la dinamica del Vinco Io – Perdi Tu;
  • Permissivismo: al contrario la dinamica del tipo Perdo Io – Vinci Tu.

Un modo più funzionale invece per gestirli è attraverso il metodo senza perdenti dove nessuno è un perdente ma la gestione e la soluzione del contrasto nasce dalla negoziazione e da un compromesso.

Questo metodo è possibile descriverlo e concepirlo come un processo, che prevede le seguenti fasi:

  1. Definire il conflitto in termini di bisogni reciproci;
  2. Proporre soluzioni, più alternative negoziabili per entrambe le parti;
  3. Valutare le soluzioni insieme;
  4. Scegliere la o le soluzioni che soddisfi entrambi;
  5. Mettere in pratica la soluzione;
  6. Valutare l’esito.

Cosa può funzionare davvero?

Ecco alcuni suggerimenti per aiutare a gestire meglio i conflitti con i propri figli soprattutto ora che, a causa delle costrizioni e limitazioni causate dal Covid-19, possono essere più frequenti e accesi:

  • Essere Assertivi, questo significa non essere né passivi, né aggressivi ma efficaci, chiari e autentici;
  • Ascoltarli veramente, prendersi del tempo e porre attenzione alle emozioni «sotto» le loro parole dei propri figli;
  • Riconoscere le proprie ed altrui emozioni per cercare di trovare un accordo;
  • Prendersi del tempo per comunicare;
  • Porre attenzione all’aspetto Non Verbale della comunicazione.

I genitori spesso sono preoccupati di non essere all’altezza e questo rende meno efficace la relazione che invece si arricchisce se c’è una comunicazione autentica. Per essere genitori efficaci dunque, non bisogna rinunciare alla propria umanità senza timore di mostrare e rispettare i propri limiti e i propri sentimenti; non bisogna essere perfetti a tutti i costi e non bisogna fingere ma è sufficiente saper ascoltare e rispettare il punto di vista altrui.

Condividi questo articolo